foraging

“Foraging” – conoscenza delle erbe selvatiche

Il foraging, ovvero la pratica di raccogliere, senza danneggiare la natura, il cibo che cresce spontaneo sulla nostra terra per poi impiegarlo in cucina. 

La parola “foraging” (foraggiamento) proviene dall’inglese e significa, appunto, ricerca di risorse di cibo selvaggio.

Se per noi, abituati a “raccogliere” solo dagli scaffali del supermercato e dai banchi del mercato, utilizzare cibo a origine spontanea può tendenzialmente rivelarsi una novità, lo stesso non si può di certo dire per la specie umana. I nostri avi conoscevano alla perfezione bacche, radici, frutti, funghi. Tuttavia, non è necessario tornare indietro a racconti di 200.000 anni fa! Le nonne (le nostre!) lo facevano e basta, per necessità, perché non si sprecava nulla, tantomeno qualcosa che cresceva gratis e senza sforzo di vanga e rastrello.

Ph. web

Le nonne in campagna, infatti, raccoglievano la rucola che cresce spontaneamente nei campi. Tagliavano cicoria selvatica e tarassaco per l’insalata, per non parlare dell’utilizzo delle piante curative. 

Poi per decenni tutti questi prodotti a chilometro zero sono stati derubricati ad “erbacce”, dimenticando insieme alla conoscenza della natura più prossima, sapori e consistenze. Merito anche (e soprattutto direi) dell’industrializzazione, della comodità dei supermercati e (purtroppo) del tutto disponibile ovunque e sempre.

Io, pero, faccio parte di una corrente di pensiero diversa e mi auguro in un’inversione di rotta. Spero che, al di là dell’appellativo trendy, il foraging torni a diventare una pratica comune, sempre nel rispetto dell’ambiente.  Dobbiamo tornare a mangiare meglio e di meno, in modo da non sacrificare ed esaurire le risorse del nostro pianeta. 

Ieri ho avuto l’occasione di passare una mattinata nel parco Spina Verde di Como alla ricerca di erbe selvatiche da adoperare in cucina insieme allo Chef Mirko Gatti del Radici Restaurant a Cavallasca (CO).

Il parco Spina Verde di Como è un parco regionale della Lombardia. Si estende sulla fascia collinare a nord ovest di Como e in buona parte confina con la Svizzera. In pratica, possiamo usufruire di un “mercato naturale e stagionale “ a chilometro zero proprio dietro casa!

Sono stata subito colpita dalla quantità di “ingredienti” presenti in soli 100 metri. Si trattava di “erbe selvatiche” che già conoscevo dal punto di vista visivo, ma ignoravo completante la potenzialità e la funzione di questi prodotti. Prodotti che appartengono alla categoria “biologico al 100%”.

Mentre passeggiamo Chef Mirko Gatti dell’inizio della sua carriera. L’inizio della “gavetta”, tredici anni fa: “pulivo erbe selvatiche dalla mattina alla sera, ricordo che una delle primissime erbe era il finocchietto di mare. Me lo ricordo perché l’avevo già visto sugli scogli al mare.”

Partiamo con un’attrezzatura semplice, scarpe comode e termocontenitore in mano, per conservare l’erbe raccolte.

Ci imbattiamo subito nella liquirizia selvatica (l’avete vista tutti, ci scommetto) e per raccoglierla basta seguire la base della pianta sottoterra col dito e tirare fuori la radice. Con questo ingrediente si preparano risotti, polveri ed infusi. Accanto alla liquirizia troviamo il Biancospino, senza bacche perché non è stagione, i suoi semi sanno di cacao e anche con sto prodotti si preparano gli infusi.

Ci rendiamo subito conto di essere contornati da Viole, i cui fiori sono eduli e le foglie si impiegano per preparare delle mistucanze. Ci casca l’occhio sul Levistico e sul Sedano Selvatico che gli assomiglia. Arbusti che nascondono l’asparago selvatico ed il luppolo. Troviamo l’erba fungo, che sembra un’insalata dalle fogli lunghe e sa di porcino (confermo, l’ho assaggiata!). Non manca l’edera terreste, con le cui foglie è possibile preparare una purea. 

Campi di Cent’occhio, dal sapore simile allo spinacio, che possiamo utilizzare in cucina per pulire il palato, cosi come il Crisantemo Selvatico  

Sono rimasta affascinata dalla risorsa che ci fornisce la Betulla. Questo albero a febbraio e solo per due settimane l’anno ci dona la sua linfa con cui si prepara una riduzione dalla consistenza sciropposa, ricca di fruttosio che è molto drenante e depurante. Il giusto di questo “sciroppo” è dolce – acidulo. Questa operazione è da fare con il massimo rispetto per l’albero, basta pensare che con 100l di linfa si attendono 10l di sciroppo. Chef Gatti ci spiega che loro adoperano lo sciroppo di betulla in cucina per laccare le carni o i funghi  (ad esempio il Maitake, un fungo che cresce sugli alberi). 

Le Ossidali (Oxalis selvatica) sono un genere di pianta  che cresce in gruppo (5/6 tipi nella zona di Como) che si adatta molto bene a qualsiasi giardino e spazio verde e sanno di limone, per via dell’acido oxalico. 

L’Artemisia (chiamta a anche erba delle streghe per via delle sue proprietà curative), con cui può essere preparato un’olio aromatico.

Ci spostiamo dal bosco ed arriviamo al campo, dove senza renderci conto camminiamo sopra carote selvatiche, acchillia millefoglie, selene, pisello selvatico, oxalis acitosella francese, trifoglii, garofano selvatico, timo selvatico e tarassaco.

Ho vissuto quest’esperienza come un ritorno nel passato, un’avvicinarsi alla natura ed alla nostra essenza, che abbiamo un po messo da parte negli ultimi decenni. 

La sensazione è rasserenante, la visione di una cucina rispettosa, genuina, naturale e di qualità mi fa capire che abbiamo le risorse per evolverci (si perché abbiamo bisogno di migliorare!).  Una cucina che si allontana e discosta dal fast food, dal cibo industrializzato e tutto cio’ che rappresenta l’eccesso e la non stagionalità: un modo di mangiare, che a mio avviso, ci fa male dentro e fuori, oltre a fare all’ambiente.  

Sull’impiego di queste erbe selvatiche arriverò a brevissimo, raccontandovi il nuovo menu di Mirko Gatti! Se intanto volete leggere la mia recensione sul Radici Restaurant, cliccate qui!

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